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Bahrain, prigionieri in sciopero della fame

Diversi dissidenti incarcerati e attivisti pro-democrazia hanno lanciato uno sciopero della fame a tempo indeterminato in un centro di detenzione in Bahrain, per protestare contro gli abusi e maltrattamenti da parte delle autorità carcerarie. 

L’attivista per i diritti umani del Bahrain, Naji Ali Hassan Fateel, membro del Consiglio di amministrazione della Bahrain Youth Society for Human Rights, ha dichiarato in un messaggio audio che lui e un certo numero di altri detenuti nella famigerata prigione di Jau, a sud della capitale Manama, hanno avviato lo sciopero della fame per chiedere di poter osservare i loro rituali religiosi, ha riferito l’agenzia di stampa Bahrain al-Youm.

Fateel ha quindi fatto appello alle organizzazioni internazionali per i diritti umani affinché sostengano gli scioperanti, sostenendo che le istituzioni statali del Bahrain hanno “perso la loro credibilità mentre nascondono abusi e violazioni dei diritti umani”. Ha inoltre invitato le autorità locali a rispettare i principi internazionali, che sanciscono il diritto dei detenuti al libero esercizio delle attività religiose. 

Fateel ha espresso rammarico per il fatto che le misure restrittive e gli abusi siano aumentati nel periodo che precede il mese del calendario lunare di Muharram, quando i musulmani sciiti effettuano i rituali di lutto per commemorare il martirio dell’Imam Husayn, il terzo Imam sciita e il nipote del Profeta Mohammad

Bahrain al-Youm ha aggiunto che i prigionieri avevano preso diverse misure di protesta prima dello sciopero della fame, ma tutto inutilmente. Oltre ad essere privati della pratica dei rituali religiosi, i prigionieri in sciopero lamentano negligenza medica, che ha portato alla diffusione di molte malattie. 

Bahrain, nove anni di terrore

Da nove anni, il Bahrain assiste a proteste contro il regime. I manifestanti chiedono la cacciata del regime di Al-Khalifah e l’istituzione di un sistema giusto che rappresenti tutti i cittadini del Bahrain. 

Il regime di Manama, in cambio, ha ignorato gli appelli e sta portando avanti la sua pesante repressione contro gli attivisti per i diritti umani e dei dissidenti politici.

Il 5 marzo 2017, il parlamento del Bahrain ha approvato il processo contro i civili presso i tribunali militari. La mossa ha suscitato una condanna diffusa da parte di organismi e attivisti per i diritti umani ed è stata descritta come l’imposizione di una legge marziale non dichiarata in tutto il Paese. 

di Yahya Sorbello

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