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Arabia Saudita, in mano al nuovo erede Mohammed bin Salman

King Salman, il re saudita, a 81 anni e in cattiva salute, mette il futuro dell’Arabia Saudita in mano al giovane figlio di 31 anni, il  principe Mohammed bin Salman (MbS), nominandolo erede al trono, a scapito di suo cugino più anziano di 57 anni, Mohammed bin Nayaf, rimosso dalla sua posizione di primo nella linea di successione e spogliato anche del suo posto di ministro dell’Interno e di tutti i suoi titoli. E’ la mossa di un vecchio re malato di Alzheimer che ha interrotto la modalità di trasmettere la successione tra fratelli o la realizzazione di un piano per il Medio Oriente?

E’ il 21 giugno 2017, data da ricordare non tanto perché si festeggia il solstizio d’estate e la festa del Sole, quanto perché la nomina a erede al trono di Mbs rappresenta un appoggio ai piani di un giovane principe ambizioso che potrebbe potenzialmente governare per decenni, un principe semi-sconosciuto fino all’ascesa al trono di Salman nel 2014. Da allora ha assunto sempre più poteri, incaricato della politica economica del Regno, divenendo anche ministro della Difesa. Da tempo si parlava di una lotta alla successione tra MbS e lo zio: il primo ha sempre cercato appoggi soprattutto tra la classe media mentre Muhammad bin Nayaf può contare sul sostegno dei principi più anziani, quelli più lontani dalle idee riformatrici di MbS. La promozione del principe è stata approvata dalla Commissione per la Successione al Trono con 31 dei 34 membri che approvano e a cui il re aveva chiesto un impegno pubblico di fedeltà a Mohammed bin Salman alla Mecca. Divenuto ministro della Difesa nel gennaio 2015, avviò solo due mesi dopo l’inizio del suo lavoro una delle più terribili guerre degli ultimi decenni.

Il principe sanguinario della guerra in Yemen

Il 26 marzo 2015 l’aviazione saudita e gli eserciti dei Paesi satelliti dell’Arabia Saudita iniziano un cruento attacco contro lo Yemen, colpevole di aver spodestato Mansour Hadi, dittatore fedele a Riyadh. Questa guerra, voluta assolutamente da Salman, prosegue ancora oggi e secondo le Nazioni Unite, ha causato la morte di 14mila civili; milioni i senza tetto e 15 milioni gli yemeniti che hanno bisogno di aiuti umanitari.

E della carneficina alla Mecca

La seconda tragedia scatenata personalmente da Mohammed bin Salman, fu quella del settembre 2015, quando ordinò di chiudere uno dei passaggi dei pellegrini vicino alla Mecca al momento del passaggio degli iraniani; la calca che ne seguì causò la morte di circa 4200 pellegrini non sauditi tra i quali oltre 700 iraniani. In quel caso, Mohammed bin Salman ordinò alla polizia saudita di non soccorrere i feriti iraniani per ore, in modo da innalzare il bilancio delle vittime.

Ideatore dell’accordo sulle armi Usa

Mohammad bin Salman è amico intimo di Jared, il genero di Trump e secondo le voci di corridoio proprio i due rampolli avrebbero concordato la vendita di 110 miliardi di armi americane all’Arabia Saudita, e sarebbero stati i due gli architetti dell’ormai famosa visita di Trump a Riyadh. La casa saudita ha pagato a caro prezzo l’integrazione economica e politica fra la superpotenza e la cosca wahhabita, dove l’una sostiene l’altra, in un perverso piano. Altro che 110 miliardi di dollari in armamenti. L’Arabia ha promesso 300 miliardi di dollari di contratti per la difesa nel prossimo decennio, accettando di salvare l’industria americana dalla bancarotta. Secondo il resoconto ufficiale dopo l’incontro avvenuto alla Casa Bianca tra il principe ereditario bin Salman e Trump, oltre un milione di posti di lavoro potrebbero essere creati direttamente, e milioni di altri nella catena di approvvigionamento.

Mohammed bin Salman, secondo gli analisti, sembra aver orchestrato la crisi diplomatica del Golfo Persico, che ha visto un blocco di Paesi che hanno tagliato i legami con il Qatared ha imposto un assedio economico sul Paese.

Ma c’è un’altra data da ricordare nel prossimo futuro, il 21 maggio 2017, quando a Riyadh Trump ha dichiarato; “L’Iran è la punta di diamante del terrorismo globale”, ripetendo una frase appena pronunciata da re Salman. Il mostro dell’integrazione saudita-americano è pronto, appoggiato dalla nota lobby sionista americana rinvigorita dal giovane Mohammed bin Salman, che non manca occasione di evidenziare la sua aggressività verso l’Iran, come alcuni mesi fa, quando ha dichiarato che non è nemmeno disposto a dialogare con Teheran lasciandosi andare ad una serie di offese alla confessione sciita, quella della maggioranza degli iraniani.

D’altra parte dei “sette Stati canaglia” (Cuba, Siria, Libia, Sudan, Iran, Iraq e Corea del Nord) che al Pentagono era stato dato l’incarico di abbattere dopo e col pretesto dell’11 settembre, chi manca?

Ma si sa il tutto rientra nella Dottrina Wolfowitz, sotto il cui ombrello dal fautore, Bush padre a Bush figlio a Barack Obama fino a Donald Trump, tutti i presidenti degli Stati Uniti sono rimasti con l’obiettivo di tenere con la forza un mondo unipolare guidato dagli Stati Uniti e di prevenire l’emergere di potenze rivali. Gli Usa tornano a fare le guerre per Israele, come sempre.

di Cristina Amoroso

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