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Arabia Saudita: le donne rivendicano la loro libertà

di Manuela Comito

In occasione dell’annuale ricorrenza dalla Festa Della Donna, celebrata a livello internazionale l’8 marzo, dieci attiviste dell’Arabia Saudita hanno fatto appello al Consiglio della Shura, un’assemblea consultiva di 150 membri, per chiedere maggiori libertà e il rispetto dei diritti fondamentali delle donne, secondo quanto riferisce Al Akhbar. Proprio in queste settimane un decreto reale ha stabilito che il 20% dei membri della Shura dovrà essere di sesso femminile. Questa sorta di “apertura” nei confronti delle donne è una mera formalità dal momento che l’80% dei membri del Consiglio è costituito da maschi poco propensi a concessioni quando si mette in discussione lo status della donna saudita.

L’attivista Aziza Yousef, in un’intervista rilasciata recentemente a Afp ha dichiarato che “attivisti per i diritti umani hanno presentato una petizione alla Shura (consultivo) del Consiglio, in occasione della Giornata internazionale della donna [8 marzo] chiedendo la fine dell’autorità assoluta degli uomini sulle donne”. Inoltre Yousef ha ribadito come le leggi vigenti nel regno che limitano la libertà personale delle donne non siano basate sugli insegnamenti religiosi, ma su un’interpretazione distorta dei precetti religiosi.

La dottoressa Aziza Al-Yousef, docente al King Saud University, è stata la promotrice di diverse campagne per la tutela dei diritti delle donne in Arabia Saudita, dal diritto alla guida al diritto all’attività sportiva. Le donne del regno saudita nel corso della loro vita passano da tutore a tutore, dal padre al marito; non è consentito loro lavorare o viaggiare senza l’autorizzazione dei loro “tutori” maschi e non possono guidare. Ciò è la più diretta e drammatica conseguenza di una rigida interpretazione della legge islamica. In Arabia Saudita anche la tecnologia è utilizzata come mezzo di coercizione; nel novembre del 2012 le autorità misero a punto un sistema di segnalazione di spostamenti tramite sms: in pratica venivano notificati agli uomini con un breve messaggio di testo gli spostamenti delle donne di cui erano tutori.

E’ impressionante constatare come il progresso tecnologico serva per perfezionare tecniche di segregazione medioevali. Nel regno saudita padri, mariti, fratelli e persino figli diventano carcerieri compiacenti di un sistema che non consente a nessuna donna di vivere appieno la propria esistenza. E mentre le autorità si servono del progresso tecnologico per mettere a punto nuove forme di schiavitù, gli attivisti per i diritti umani sono riusciti a bypassare i media di Stato pesantemente censurati e farsi ascoltare oltre gli angusti confini del regno.

Secondo il rapporto “Challenging the Red Lines: Stories of Rights Activists in Saudi Arabia” pubblicato a dicembre 2013, gli attivisti utilizzano i nuovi media, compresi i siti di news e blog e i social network come Twitter e Facebook per confrontarsi, discutere idee e strategie per il cambiamento e sviluppare piattaforme pubbliche per diffondere il loro messaggio di riforma. Il fulcro di questa riforma è promuovere il rispetto e la tutela dei diritti delle donne. Secondo quanto ha dichiarato Joe Stork, vice direttore per il Medio Oriente di Human Rights Watch “Le autorità saudite pensano di poter usare minacce e pene detentive per fermare le critiche, ma gli attivisti stanno trovando il modo di farsi ascoltare”.

Diversi attivisti hanno utilizzato i social media e forum online per costruire reti e avviare campagne digitali, tra cui l’iniziativa “Women2Drive”, che incoraggia le donne saudite di guidare sfidando il divieto del governo. Lascia perplessi il fatto che l’Arabia Saudita abbia ottenuto un seggio nel Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite (Unhrc), dal momento che continua a compiere violazioni significative dei diritti per la cui difesa il Consiglio è stato creato; così come pone forti interrogativi il fatto che le autorità saudite non abbiano consentito l’accesso nel loro territorio agli osservatori per i diritti umani dell’Onu che dovevano verificare presunte violazioni.

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