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Alla Diaz fu tortura

di Salvo Ardizzone

La Corte europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo ha condannato l’Italia per tortura a causa dell’operato della Polizia nello sciagurato blitz alla scuola Diaz; non solo: l’ha messa in mora perché la mancanza del reato di tortura (che a tutt’oggi manca dal Codice Penale italiano) impedisce la prevenzione e la sanzione di violenze da parte delle Forze dell’Ordine. Il ricorso è stato presentato da Arnaldo Cestaro, uno delle vittime di quella “perquisizione” che ha visto violenze da macelleria messicana.

Dopo questa sentenza, che fa finalmente giustizia di anni e anni di totale disinteresse della politica per quei fatti gravissimi, è in arrivo un’altra sui fatti avvenuti alla Bolzaneto, la caserma dove gli arrestati della Diaz, nella gran parte feriti, subirono ulteriori violenze, angherie, soprusi e abusi d’ogni genere.

La storia miserabile di quegli eventi è arcinota, ma vale la pena ricordarla: a Genova, nel luglio del 2001, si teneva il G8; i movimenti No global s’erano dati convegno per protestare contro i grandi della terra e le loro politiche dissennate. Fra i dimostranti che manifestavano per un mondo più giusto, s’erano infiltrate frange di violenti: furono giornate drammatiche, in cui le Forze dell’Ordine mostrarono tutta la loro inefficienza, esercitando una repressione violenta e indiscriminata nei confronti di chi manifestava, ma senza riuscire a frenare in alcun modo i provocatori e i picchiatori che nulla avevano a che spartire con la protesta.

Per cercare di recuperare la credibilità che aveva perduto nella dissennata gestione dell’ordine pubblico, l’allora capo della polizia De Gennaro fece pressioni sui funzionari sottoposti per “montare” un caso che a posteriori giustificasse le violenze. La notte del 21 luglio la polizia fece un’irruzione alla Diaz, dove alloggiavano manifestanti e giornalisti; nella scuola c’era il centro stampa di Indymedia e gli studi di Radio Gap, l’emittente ufficiale del contro G8.

Il raid si tradusse in un pestaggio bestiale con 82 feriti, alcuni dei quali in prognosi riservata, e 93 arrestati, il cui calvario continuò poi alla caserma Bolzaneto, dove continuarono le violenze e gli abusi più squallidi. Ma ciò che fu ancora più disgustoso fu la montatura mirata a tramutare le vittime in criminali: due poliziotti introdussero nella scuola due molotov, “trovate” poi nel corso della perquisizione, facendo così rischiare agli arrestati fino a 14 anni di carcere per terrorismo.

Seguì una lunga vicenda giudiziaria che, fino al 2010 e contro ogni evidenza, sposò la teoria che quella era stata una normale perquisizione e non un’aggressione premeditata, come alla fine ammesso da uno dei poliziotti partecipanti. Finalmente la Cassazione appurò i fatti, condannando 17 funzionari di polizia per l’accusa di falso aggravato e calunnia, ma non per le bestiali lesioni nel frattempo prescritte.

Fra i condannati ci furono l’allora direttore dell’anticrimine Gratteri e dello Sco Caldarozzi, ma fu lasciato indenne chi quel macello aveva ispirato e voluto, il capo della Polizia De Gennaro, probabilmente “graziato” perché troppo abile a scaricare gli altri e perché depositario di troppe verità scomode.

Anche per i fatti avvenuti alla Bolzaneto la Cassazione appurò che vi erano state torture, ma poiché, come detto, il nostro Paese non le prevede come reato, il processo finì con un buco nell’acqua e un tutti liberi.

Nel corso di questi lunghi anni, nel silenzio colpevole e pressoché totale della politica, tutti i Governi che si sono succeduti hanno vergognosamente continuato a passare sotto silenzio la vicenda malgrado le carte processuali gridassero i fatti. Hanno negato spudoratamente che, in nome d’una assurda ragion di stato, a Genova ci fu un preciso disegno repressivo che prevedeva l’uso della violenza e, all’occorrenza, della tortura, messo in atto per assicurare lo svolgimento del G8. Un evento su cui l’allora Governo Berlusconi aveva scommesso per farsi un’immagine dinanzi al mondo.

Giovedì prossimo arriverà alla Camera – finalmente! – il provvedimento legislativo che introduce il reato di tortura nel Codice Penale; è meno del minimo per colmare un vuoto intollerabile in qualsiasi Paese civile.

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