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5G: Intervista a Nicolò Distefano – I parte

5G – Il telefono squilla un paio di volte. Due sbuffi di una caffettiera immaginaria fanno da richiamo per la chiacchierata a distanza con Nicolò Distefano. Ci sediamo attorno a un tavolino che non c’è e guardiamo entrambi fuori dalla finestra di questo bar, da qualche parte in un non luogo tra Gela e Francoforte. La connessione wireless dentro cui viaggia la nostra conversazione, rende possibile che due persone a duemila chilometri di distanza si trovino a parlare come se fossero nella stessa stanza. Ovunque, attorno a noi, si vede la stessa fanfara; l’aria di festa tira forte come una liturgia ed è del tutto identica a quella che si anima di là dalla vetrata del nostro locale virtuale.

L’avvento del 5G

Dall’altra parte della strada ci sono i manifesti festanti che contano i giorni alla nascita della nuova Generazione 5G. Qualcosa di nuovo sta arrivando, ma non avrà né corpo né volto. Si rovescerà sul mondo dilatandosi come un liquido e finirà per coprire ogni cosa. Ci muoveremo dentro il suo flusso e vivremo costantemente sommersi dentro le sue onde. Ma non saranno d’acqua. Piuttosto avranno la forma di piccole fiammelle invisibili, effervescenti scosse d’energia che rimbalzeranno senza sosta in ogni direzione e ci faranno sentire frizzanti, leggeri, parte della corrente, ripetitori noi stessi.

Chi non ripete il mantra del grande Avvento è Nicolò Distefano, consigliere nazionale della Federazione dei Verdi e uno dei politici italiani più impegnati nella campagna di sensibilizzazione sui rischi connessi all’avvento del 5G. Intervenendo al congresso nazionale di Chianciano Terme, dello scorso dicembre 2018, Nicolò ha dedicato ogni sua parola ai rischi concreti che l’implemento di questa nuova tecnologia porta con sé.

“La rete 5G è un nuovo sistema che le aziende di telecomunicazione stanno cercando di implementare ai servizi wireless già esistenti”, mi racconta Nicolò. “E’ stata progettata per consentire un download di dati più veloci e una connessione più potente e stabile, utilizzando le fasce 28, 37 e 39 gigahertz, conosciute anche come lo spettro delle onde millimetriche. Questa tecnologia è stata pensata per funzionare in congiunzione con quella che è stata definita l’internet delle cose”. Più precisamente, “l’obiettivo è di collegare in rete anche gli oggetti di uso quotidiano e no; ogni cosa materiale sul pianeta potrà col tempo svolgere la funzione di nodo della rete”, prosegue Nicolò.

5G tra attesa e paura

“In tanti stanno aspettando con ansia l’arrivo della rete 5G”, sorride indicandoci con gli occhi i manifesti festanti, poi continua: “Sono tutti eccitati dalla velocità di connessione maggiore, senza minimamente preoccuparsi degli effetti negativi che tutto questo avrà sulla privacy, sulla sicurezza e sulla loro salute”. Privacy e sicurezza sono cose che abbiamo già barattato volontariamente dentro le gabbie colorate dei social network, quelle bolle d’aria da cui spesso facciamo dipendere la qualità e la profondità dei nostri respiri. La salute, invece, mi pare qualcosa cui prestare ancora attenzione.

Distefano coglie il nostro interesse e riferisce che: “Non solo esistono numerose pubblicazioni scientifiche, ma anche documenti tecnici redatti dagli stessi produttori e gestori che mettono sull’avviso l’utente dall’utilizzo continuato di certe tecnologie”. Mentre lo ascoltiamo, mi viene in mente una compagnia svizzera, impegnata nel mercato delle reti wireless, che, in un suo brevetto del 2004, parlava espressamente di rischio di cancro nell’ipotesi di esposizioni prolungate al campo elettromagnetico che il suo apparecchio inevitabilmente creava. “Parlava di un incremento del rischio, ben conosciuto già allora, indipendente dagli effetti termici che potrebbero essere associati a questi tipi di esposizioni”, mi fa eco Nicolò. A sostenerlo era una delle più grandi compagnie del settore, la Swisscom.

Il nostro legislatore che cosa ha deciso?

“Per ora molto poco. Non c’è un quadro normativo consolidato, ma qualcosa nell’ordinamento lo si trova. Quasi nessuno sa che esiste un decreto che regolamenta la costruzione di edifici come scuole, ospedali, centri per anziani, asili, ossia luoghi in cui alcune fasce della popolazione più debole rischiano di essere esposte per periodi tanto lunghi da divenire pericolosi, se irradiati da campi magnetici in alta frequenza”.

“Il decreto è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 28 gennaio 2017 e, per il suo tramite, il Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare, a pagina 19 (comma  2.3.5.4 del suo unico articolo), afferma che: “Al fine di ridurre il più possibile l’esposizione indor, quella in luoghi chiusi, a campi magnetici in alta frequenza, lo Stato italiano suggerisce di dotare i locali di sistemi di trasferimento dati alternativi a quelli al WiFi, come ad esempio la connessione via cavo o la tecnologia power line comunication”. 

Ritornare al mondo reale

Sembra tanto un’ammissione implicita sul fatto che la nostra normativa nazionale sia del tutto insufficientemente cautelativa, perché, in buona sostanza, suggerisce particolari accorgimenti per ridurre l’esposizione ai campi magnetici. Con buona pace della Buona Scuola dell’On. Renzi che aveva tra i suoi obiettivi primari quello dell’installazione di reti WI-Fi in tutte le classi.

“Io come attivista rivendico l’applicazione del principio di precauzione che è stato creato proprio per fattispecie come queste”, ci confida Nicolò. Ho scritto la mia tesi di laurea su questo principio e sentirlo richiamare da uno degli esponenti politici che più si stanno spendendo per questa battaglia, mi fa davvero piacere.

Occorre abbandonare questo tavolino virtuale e ritornare al mondo reale. Restiamo di risentirci il giorno dopo. Mentre ci congediamo da lui, torna in mente un vecchio adagio: “Mantieni un albero verde nel tuo cuore e forse un pettirosso verrà a cantarci”. Le persone come Nicolò Distefano questo fanno, mantengono in vita la speranza che la natura canti ancora.

di Giovanni Rodini

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