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Dal dialogo dei due Papi nasce la nuova Chiesa di Bergoglio

Torniamo un attimo con la mente ad 8 anni fa, nella mattina del 19 aprile del 2005; poche ore dopo, la fumata bianca annuncerà al mondo l’elezione di Papa Ratzinger, ma ancora nella Sistina c’era una vistosa spaccatura tra due fronti: i Cardinali pro Ratzinger e quelli invece che volevano bloccare la candidatura del teologo tedesco, proponendo Jeorg Mario Bergoglio.

Nella segretezza del Conclave, a distanza di anni sono però transitate alcune indiscrezioni che permettono una precisa ricostruzione storica; dopo il terzo scrutinio, quindi circa a mezzogiorno, Ratzinger era a tre voti dal quorum, Bergoglio invece era fermo a 40, un bel numero non solo consistente, ma anche in grado di fare blocco contro Ratzinger e quindi nel pomeriggio far ritirare la sua candidatura.

Però, poco dopo mezzogiorno, avviene qualcosa in un angolo della Sistina; i futuri due nuovi Papi, si incontrano, discutono, ancora con la porpora addosso sono l’uno di fronte all’altro da soli, mentre dal comignolo esce la fumata nera. C’è chi dice che Bergoglio abbia comunicato a Ratzinger l’intenzione di rinunciare alla candidatura e lasciargli strada libera verso l’elezione, c’è chi invece sostiene che Bergoglio sia stato convinto a non continuare la corsa verso il trono di San Pietro, per non dare l’immagine di una Chiesa spaccata e puntare su uno stretto collaboratore del defunto Papa Giovanni Paolo II, in modo da dare anche una continuità non traumatica nel governo della Santa Sede.

Immaginiamo quindi, a livello umano, cosa abbiano provato Ratzinger e Bergoglio quando otto anni più tardi si sono incontrati, questa volta vestiti di bianco entrambi, a Castel Gandolfo poco dopo l’elezione del primo Papa argentino.
I due si conoscono da tempo; Bergoglio era uno dei pochi gesuiti argentini che si opponeva alla Teologia della Liberazione negli anni ’80, teologia fortemente contrastata da Ratzinger in qualità di Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede sotto il pontificato di Wojtyla; chissà se l’attuale Papa ed il Papa emerito, abbiano pensato dunque a quegli incontri fatti a Roma per discutere della questione quando Bergoglio non era ancora né Vescovo e né Cardinale; e chissà soprattutto se i due abbiano pensato a quella mattinata in Sistina, quando da quel dialogo si decisero le sorti della Chiesa degli ultimi anni.

Fatto sta che adesso, il rapporto tra Bergoglio e Ratzinger si è fatto molto intimo, un dialogo costante tra due uomini di Chiesa che spesso negli ultimi 30 anni sono venuti a contatto, anche se da ruoli decisamente differenti; da fonti vaticane, si sa che Papa Francesco e Papa Benedetto si incontrano circa due o tre volte a settimana e, quando non è possibile parlarsi direttamente, Bergoglio usa Monsignor Georg, segretario personale di Ratzinger, come tramite.
Alloggiare nel residence Santa Marta, garantisce a Papa Francesco maggior possibilità di movimento, ma anche una discreta emancipazione dai rituali vaticani; così, può incontrare con più libertà non solo il Papa emerito, ma anche altre persone non tanto gradite di certo nei palazzi apostolici.

Negli incontri con Benedetto XVI, si dice, Papa Francesco riceve nominativi, appunti, dossier, tutto insomma che serve a delineare il quadro della situazione vaticana; così, dopo i tanti bacchettamenti nelle omelie tenute a Santa Marta, e che i prelati della segreteria di Stato apprendono solo dai giornali e non per diretta conoscenza come prima, adesso Bergoglio inizia a delineare le mosse del proprio pontificato.
Quando qualche giorno fa, nel corso di una messa celebrata nel residence vaticano, il pontefice affermò “San Pietro non aveva un conto in banca”, sembrava, alla luce di quanto è successo nelle scorse ore, avere ben chiara già la situazione.

Infatti, è sullo Ior che Francesco insiste maggiormente e sul quale si stanno concentrando con maggiore energia le varie mosse, tanto che un alto prelato di curia, nei giorni scorsi si è lasciato scappare la seguente frase ad un giornalista di un noto quotidiano nazionale: “Quando inizierà a fare il Papa e la smetterà di fare il prete?”.

Secondo molti, grazie ai colloqui con Ratzinger, Bergoglio ha quindi deciso di dare un primo segnale, commissariando di fatto lo Ior e levando dall’incarico “Don 500”, soprannominato così oltre Tevere per via del “vizio” di mostrare con orgoglio il proprio portafoglio pieno di banconote da 500 euro; il suo vero nome è Nunzio Scarano, monsignore presidente dell’Amministrazione del patrimonio della Sede Apostolica.
La sua parabola vaticana, ha avuto un’improvvisa fase discendente nel giro di 48 ore: prima il sollevamento dall’incarico per lasciar spazio ai commissari nominati dal Papa (e che soltanto a lui dovranno riferire), poi l’arresto arrivato in mattinata. Scarano è stato trovato con le mani nella marmellata, di ritorno da un viaggio in Svizzera assieme ad altre due persone, tra cui un membro dei servizi segreti, mentre su un aereo trasportava 20 milioni di euro in contanti, prelevato da una banca elvetica.

Un terremoto giudiziario che però, contrariamente a quanto si titola sui giornali “tradizionali”, non fa tremare affatto il Vaticano, anzi è un toccasana per chi sta chiedendo una forte svolta nella curia ed è un segno di cambiamento la fattiva collaborazione delle autorità vaticane con quelle italiane, un vero e proprio tabù fino a pochi anni fa.
La Chiesa di Bergoglio quindi, sta nascendo dalle passeggiate nei giardini vaticani con il suo predecessore, con il quale si conosce da tempo ed al quale ha conteso l’elezione papale già nel 2005; un feeling, quello tra i due Papi, che di certo non farà piacere nei palazzi apostolici, in quei luoghi che fino al mese di febbraio erano il centro del potere vaticano, ma adesso sono stati relegati in estrema periferia, essendo poco frequentati da Francesco.

Ior e riforma della curia, passando per l’accertamento dell’influenza della lobby gay, sono i punti cardini del lavoro del nuovo Papa: sullo Ior, come detto prima, ci sono le inchieste e si è istituita una commissione che di fatto ha commissariato l’ente; sulla curia invece, ci sono già indiscrezioni su ciò che faranno i cardinali incaricati di redigere una nuova riforma: si parla, in particolare, del ridimensionamento della segretaria di Stato, la quale non sarà più, come adesso, l’ufficio centrale di coordinamento dei dicasteri, ma si occuperà soltanto di diplomazia, mentre a coordinare la curia, sarà la nuova figura del moderatore.

A ciò si deve aggiungere le dimissione “de facto” del cardinal Bertone da segretario di Stato; come detto nei giorni scorsi, il porporato genovese non compare più accanto al Papa nelle cerimonie pubbliche, non firma più atti ufficiali, secondo molti è già dimesso, ma si vuole aspettare un periodo di maggiore calma per comunicarlo ufficialmente.
In Vaticano, c’è quindi aria di profondi cambiamenti, così come prospettato da numerosi cardinali nelle congregazioni precedenti all’ultimo conclave, ma soprattutto chiesti a gran voce dai fedeli di tutto il mondo, stanchi di vedere una Chiesa gestita in modo decisamente discutibile.

di Mauro Indelicato

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