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Nuova aggressione mediatica contro l’Ungheria, in nome dei “valori democratici”

di Federico Cenci

Il meccanismo è già noto. Quando c’è da gettare discredito su di uno Stato “canaglia”, inviso ai mercati e ai poteri forti, ad ogni latitudine si procede mediante una stessa, consolidata prassi. Dapprima giungono perentori proclami di “forte preoccupazione” da parte di strutture sovranazionali circa le “derive anti-democratiche”; successivamente, in loco, gruppi di dissidenti rinfocolano tensioni tramite azioni di protesta; infine, dopo che la forza pubblica interviene per sedare le rivolte, i media stranieri lanciano allarmi per l’utilizzo di metodi autoritari e ribadiscono le “forti preoccupazioni” per le “derive anti-democratiche”. Quel che è successo nei confronti dell’Ungheria in questi giorni è solo l’ultimo capitolo di questo oleato congegno denigratorio, il cui fine ultimo è la destabilizzazione di uno Stato sovrano.

La nuova Costituzione ungherese.
La causa che ha fatto riacutizzare le polemiche è un fatto, per altro, ampiamente preventivato. Il Parlamento di Budapest, dove il partito di governo Fidesz e i suoi alleati detengono i 2/3 della maggioranza, sta approvando una serie di emendamenti che cambiano 14 pagine della Costituzione ungherese. Un proposito che già in passato aveva destato più di qualche malumore dalle parti di Bruxelles. L’intento del presidente Viktor Orbán di rinnovare la Costituzione – secondo crismi di sovranità nazionale e di difesa delle radici cristiane – era stato definito antitetico ai “valori democratici” dell’Unione europea. Ma poi chi li ha decisi questi “valori”? I popoli europei non sono mai stati chiamati a farlo.

Ora che l’intento si sta compiendo, lo scontro si riapre. “Sono preoccupato per la compatibilità degli emendamenti annunciati col principio dello Stato di Diritto previsto dalla Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo”, tuona Thorbjørn Jagland, Segretario Generale del Consiglio d’Europa. La risposta del Governo ungherese giunge direttamente per bocca del presidente Viktor Orbán, che sottolinea: “Siamo uno Stato di diritto, il governo sta rispettando le norme europee, il potere costituente spetta solo al Parlamento ungherese”. E poi, gentilmente, chiede ai vertici dell’Unione europea di rispettare l’autonomia decisionale dell’Ungheria: “Non intromettetevi”.

L’aggressione alla sede di Fidesz.
Il giorno dopo queste dichiarazioni, qualcun altro ha creduto bene di prendere alla lettera l’invito del presidente Orbán. Sì, ma per violarlo. Un gruppo di “spontanei” manifestanti, appartenenti a gruppi dell’opposizione al partito Fidesz, ha infatti tentato di fare irruzione all’interno della sede che ospita il partito di governo. L’assalto, avvenuto il 6 marzo e preceduto da un presidio nella strada antistante, è stato efficacemente bloccato da un corpo di guardia. Un manifestante soltanto, come rivela il “Wall Street Journal” (1), è stato portato via con le manette ai polsi dagli agenti. Nulla di diverso rispetto a quanto avverrebbe, in circostanze simili, in qualunque altro Stato di diritto. Se succede nell’Ungheria di Orbán, tuttavia, il fatto assume i connotati del pogrom.

Lo strepito indignato di “Repubblica”.
In un quadro giornalistico così confuso e genericamente proteso alla maldicenza nei confronti del governo ungherese, capita pertanto che sulla stampa i contenuti delle modifiche costituzionali vengano descritti in modo partigiano e inesatto. Un esempio in questo senso ce lo fornisce “Repubblica”, che parla di “golpe bianco” ungherese e riassume gli emendamenti stilando un elenco – molto sommario – di punti definiti “allarmanti” (2). Scandagliamo quali sono i motivi di cotanto clamore.

Primo punto. “Repubblica” denuncia il fatto che dopo queste modifiche la Corte costituzionale non potrà più sollevare obiezioni di sostanza sugli emendamenti alla Costituzione. E allora? La Corte è chiamata a sindacare la legittimità costituzionale di leggi al di fuori degli articoli della Costituzione. Quanto alle modifiche della stessa, il Parlamento, quale espressione del potere legislativo, detiene il diritto di agire mediante le procedure previste. Se per far ciò dovesse appellarsi preventivamente alla Corte, perderebbe il suo ruolo sovrano. Punto secondo. “Repubblica” si indigna perché d’ora in poi l’esecutivo avrà il potere di limitare la libertà d’espressione. Bene, allora attendiamo che il quotidiano fondato da Scalfari si faccia portavoce, in Italia, di una campagna contro le leggi – invocate da alcune forze politiche – che sanzionano reati d’opinione sulla cosiddetta omofobia, sul revisionismo storico, etc. Punto terzo. “Repubblica” si turba perché i neolaureati ungheresi avranno il dovere di restare in patria almeno dieci anni. Peccato che l’articolo in questione preveda qualcosa di diverso. Ossia che, coloro i quali hanno ottenuto una borsa di studio durante l’università, se vorranno trasferirsi all’estero, dovranno risarcire lo Stato delle tasse di cui fino a quel momento si è fatto carico per loro. Punto quarto. “Repubblica” si stizzisce poiché la nuova Costituzione magiara afferma che sono riconosciute come religioni soltanto quelle che possiedano specifici requisiti. E quindi? Un modo assolutamente ortodosso onde evitare abusi da parte di sette e pseudo-tali che vogliono rientrare nell’alveo dei gruppi religiosi a cui lo Stato riconosce forme di contributo (tipo il nostro Otto per mille). Punto quinto. “Repubblica” si risente perché il vecchio partito comunista (foriero di morte e terrore) verrà definito “associazione criminale”. Qui in Italia, invece, che atteggiamento ha assunto, sin dal ‘45, la stampa progressista nei confronti del fascismo? Punto sesto. “Repubblica”, infine, si sdegna perché la nuova Costituzione riconosce come famiglia soltanto l’unione di una coppia eterosessuale che si sposa al fine di far figli. Non resta che rimandare l’autore del pezzo a leggersi l’articolo 29 della Costituzione italiana. Dopodiché aspettiamo che lo stesso scriva un altro pezzo, stavolta per riferire dell’inclinazione clerico-fascista, degna del despota magiaro Orbán, dei nostri padri costituenti.

(1) http://blogs.wsj.com/emergingeurope/2013/03/07/hungarys-plan-to-change-constitution-draws-protest/

(2) http://www.repubblica.it/esteri/2013/03/06/news/ungheria_orbn_difende_la_nuova_costituzion e_e_attacca_l_unione_europea_non_intromettetevi-53997766/

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