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Washington e Riyadh temono la crescita di Hezbollah

Tempo fa, l’esplosione di una bomba che aveva preso di mira la Blom Bank, nel centro di Beirut, ha acceso i riflettori sulla legge varata dal Congresso americano alla fine dell’anno scorso, secondo la quale chiunque abbia rapporti finanziari con Hezbollah incorre nelle sanzioni Usa.

La legge, denominata Hifpa, è stata recepita dalle autorità libanesi per la minaccia che il Libano venga escluso dal sistema bancario internazionale manovrato da Washington. L’attentato, che ha provocato molti danni ma nessuna vittima, è stato subito ascritto ad Hezbollah dai media internazionali, con l’ovvio intento di screditare il Movimento agli occhi dell’opinione pubblica libanese, preoccupata per il sistema bancario e i suoi rapporti con l’estero, indispensabili per un Paese tenuto a galla dalle rimesse degli emigrati.

In realtà, la bomba di Beirut è un episodio dell’attacco scatenato contro Hezbollah e l’intero Libano; il varo dell’Hifpa e la sua attuazione sono coincise con una serie di misure adottate dagli Usa e dai Paesi del Golfo contro la Resistenza libanese e contro Beirut allo scopo di destabilizzare il Paese. Un Paese, occorre sottolinearlo, bloccato in un lunghissimo stallo politico dalle stesse forze che ora l’attaccano, perché, malgrado ogni tentativo, non riescono più a manovrarlo a piacimento; un Paese per di più zavorrato da un milione di rifugiati siriani che si sono aggiunti ai tantissimi palestinesi già presenti, e con la guerra lungo i confini.

All’inizio dell’anno, sotto la pressante spinta di Riyadh, i Paesi arabi hanno classificato Hezbollah organizzazione terroristica; singolare definire così una forza politica legittima che gode di un vastissimo consenso popolare e che fa parte del Governo, e lo è ancor di più da parte di Stati noti per l’aiuto incondizionato assicurato alle vere organizzazioni terroristiche.

Al contempo, l’attacco al sistema bancario libanese ed all’economia, vuol tentare di fare terra bruciata attorno al Movimento della Resistenza; secondo quanto dichiarato dal Governatore della Banca Centrale, Riad Salameh, alla Cnbc americana, già l’8 giugno circa 100 account correlati ad Hezbollah erano stati congelati. Peccato si sia dimenticato di specificare, come rilevato dall’Agenzia Reuters, si tratti di ospedali, scuole, istituzioni sociali e caritatevoli attraverso cui il Partito di Dio assicura welfare, istruzione, assistenza sanitaria ad una vastissima parte del Popolo libanese che ne sarebbe altrimenti escluso, e lo fa in strettissimo contatto con il Governo.

In sostanza, con la mossa voluta da Washington e Riyadh, lo Stato libanese viene sottoposto al ricatto di rompere con Hezbollah, pena sanzioni finanziarie; ma facendolo, ammesso che voglia o possa farlo visto il consenso popolare di cui gode il Partito, farebbe crollare l’impalcatura di sicurezza, assistenza sociale ed economica con cui Hezbollah sorregge la popolazione, e con essa crollerebbero anche le Istituzioni nazionali.

In realtà, è a questo che puntano i nemici del Movimento e del Libano, tentando di replicare per l’ennesima volta il medesimo copione di destabilizzazione provato in Siria, Iraq e altrove.

Dietro l’Hifpa c’è la lobby sionista statunitense, che ha un ruolo centrale nel Congresso Usa e nell’emanazione delle leggi; basta leggere il documento dell’Aipac sul provvedimento, quando sostiene che esso costringerà a scegliere fra fare affari con Hezbollah o con gli Usa. Dichiarare il Partito di Dio organizzazione terroristica e comminare sanzioni a chiunque abbia rapporti con esso, ha lo scopo di colpire la base di consenso che esso ha saputo guadagnarsi negli anni.

La bomba alla Blom Bank è un ulteriore passo nel tentativo di destabilizzare il Libano, per tentare di frenare la crescita continua della Resistenza e la sua proiezione nell’area. I timori sono che i nemici del Libano e di Hezbollah, provino ancora una volta ad innescare un’ondata di disordini come nel 2004; sanno che il loro tempo volge al termine e proveranno a giocarsi il tutto per tutto.

Costerà sangue e sofferenze al popolo libanese, purtroppo, ma come in tutto il Medio Oriente la Storia s’è rimessa in moto e sta già travolgendo chi vuol fermarla.

di Salvo Ardizzone

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