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Turchia, si diffonde la tortura nelle carceri

Se a novembre dello scorso anno, con le ultime elezioni in Turchia, solo qualche ottimista credeva ancora in un percorso di democratizzazione del Paese, e nella ferma intenzione di Erdogan di volere entrare nell’Unione europea, i fatti di giugno e luglio hanno decantato la situazione, spostando di molto gli assetti geopolitici nel Mediterraneo orientale.

golpeL’alzata di tiro nei confronti della diplomazia europea, il timido e inaspettato riavvicinamento tra Ankara e Mosca, la ripresa dei rapporti con Israele e l’abbandono della Ue sono solo i sintomi di un malessere che esplode il 15/16 luglio: elementi delle forze armate tentano un colpo di Stato contro il governo eletto. Coloro che sono coinvolti nel golpe bombardano il parlamento con aerei da combattimento, ed aprono il fuoco dagli elicotteri sulle persone che hanno occupato la strada per protestare contro il tentativo di colpo di stato. Almeno 241 cittadini e personale di sicurezza muoiono nei combattimenti e duemila feriti.

Poco dopo il fallito golpe il governo turco dichiara lo stato di emergenza, un passo che il governo ha il diritto di prendere in circostanze eccezionali, per proteggere i civili, indagare sui crimini commessi durante il tentato colpo di Stato. Tuttavia, lo stato di emergenza non dà al governo un carta bianca di sospensione dei diritti, e in particolare ci sono i diritti e gli obblighi da cui non si può derogare. Sotto lo stato di emergenza, il governo ha approvato due decreti di emergenza che hanno rimosso le garanzie fondamentali in grado di proteggere i detenuti da maltrattamenti e torture.

Le autorità hanno annunciato ufficialmente che avrebbero derogato alle protezioni della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (Cedu), senza specificare quali, e più tardi, che avrebbero derogato a 13 articoli della Convenzione internazionale sui diritti civili e politici (Iccpr), tra cui quelli relativi al trattamento umano dei detenuti e il diritto a un rimedio.

Dalla proclamazione dello stato di emergenza in Turchia, la polizia turca secondo quanto riferito da un Rapporto di 43 pagine di Human Rights Watch (Hrw) tortura sistematicamente i prigionieri. Nel  rapporto pubblicato a fine ottobre l’organizzazione per i diritti umani documenta 13 casi di persone che durante la detenzione sono state torturate “percosse, posizioni che provocano stress, privazione del sonno e abusi sessuali”. L’organizzazione ha chiesto di rimettere immediatamente in vigore le prescrizioni per la protezione dei prigionieri sospese con lo stato emergenza. “Il divieto di tortura previsto dal diritto internazionale è assoluto e non deve essere limitato neanche in caso di guerra o di emergenza”, sostiene Hrw.

Secondo dati riferiti da Hrw dal tentativo di golpe a metà luglio con lo stato di emergenza in vigore, il periodo di detenzione massimo fino all’esame da parte di un giudice è stato elevato da quattro a 30 giorni. Inoltre, ai prigionieri può essere negato qualsiasi contatto di assistenza legale fino a cinque giorni. Anche i difensori non sempre possono essere scelti liberamente e il diritto a colloqui confidenziali con l’avvocato è stato limitato.

Da metà luglio fino alla fine di settembre secondo dati ufficiali sono state arrestate circa 32mila persone. Tra loro ci sarebbero seguaci del predicatore in esilio Fethullah Gülen, attivisti di sinistra, nonché presunti appartenenti al Partito dei Lavoratori del Kurdistan (Pkk). Per il rapporto sull’inchiesta l’organizzazione ha riferito di aver sentito oltre 40 avvocati, attivisti per i diritti umani, ex-detenuti, personale medico e medici legali.

Sevim Dagdelen, deputata tedesca del Partito della Sinistra, di origine curda, ha esortato il governo federale a trarre conseguenze dal rapporto. “Ogni ulteriore aiuto di polizia e di armi per la Turchia sarebbe criminale e deve essere interrotto. Il referente speciale dell’Onu per la tortura deve avere immediatamente accesso alle carceri turche”. Dagdelen ha inoltre criticato l’aumento dell’export tedesco di armi verso la Turchia con il quale diventa chiaro che Erdogan conduce la sua sporca guerra contro i curdi anche con armi tedesche”.

Non c’è stata reazione immediata da parte del governo al rapporto di Hrw, ma le autorità turche hanno per mesi dovuto affrontare le accuse di violazioni dei diritti umani, negandole. Dopo la pubblicazione del rapporto il Ministro della Giustizia, Bekir Bozdag, ha twittato che non vi sono maltrattamenti o torture nelle carceri turche, sostenendo cha la Turchia è stata ingiustamente accusata e che è stata istituita un’unità speciale di indagine.

Sta di fatto che da mesi Erdogan usa il fallito colpo di Stato di luglio per precipitare la Turchia in un vero e proprio regime dittatoriale. Il presidente turco ha dato il via ad un’ondata repressiva che sta colpendo migliaia di oppositori, in primo luogo giornalisti, avvocati, studenti, giudici e funzionari dello stato, abbattendosi in particolar modo sull’opposizione turca.

di Cristina Amoroso

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