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Teheran onora con un monumento i soldati ebrei caduti per l’Iran

di Cristina Amoroso

In un precedente articolo, nel chiederci se gli ebrei in Iran vivessero come i palestinesi a Gaza, avevamo messo il punto sulle differenze tra l’essere ebrei in Iran ed essere palestinesi a Gaza, laddove i primi sono liberi di praticare la loro religione e di votare alle elezioni, i secondi vengono fermati e perquisiti ai posti di blocco, vengono brutalizzati da un esercito di occupazione, e ammassati in una colonia penale densamente popolata (Gaza) dove sono privati dei loro mezzi di sussistenza di base. Gli ebrei iraniani vivono nella dignità e godono dei diritti della cittadinanza, hanno il diritto di auto-amministrazione e un membro tra i 290 parlamentari iraniani è eletto dai soli ebrei.

A riprova di ciò recentemente è comparsa su molti quotidiani una notizia a sorpresa per molti. A Teheran il vicepresidente del Parlamento, con una cerimonia ufficiale, la scorsa settimana ha scoperto il più inatteso dei monumenti. Un monumento ai soldati ebrei iraniani morti durante la guerra lunga e aspra con l’Iraq tra il 1980 e il 1988, per il cui orribile conflitto i due Paesi hanno pagato il pedaggio di morte di un milione di vittime. Dopo anni, un memorial a quei soldati ebrei che non hanno aderito alle coalizioni occidentali ma combattevano per l’Iran.

Nella capitale iraniana è stato scoperto il monumento, un blocco di grandi lastre squadrate nello stile di pietra di Gerusalemme con il disegno stilizzato di una menorah, il candelabro a sette bracci, mentre banners mostravano le immagini dei quindici soldati caduti, salutati come “martiri”in farsi nei discorsi dal palco. “La presa di posizione degli ebrei iraniani nel sostenere la Repubblica islamica e la loro obbedienza alla Guida suprema – ha proclamato Mohammed Abuturabi Fard – sono la prova dei legami che derivano dalle sacre religioni”. Il vicepresidente del Parlamento ha poi sostenuto la netta separazione tra iraniani ebrei e Israele, aggiungendo parole di condanna agli “atroci delitti” del “regime sionista” e al “comportamento inumano e violento” del suo premier Bibi Netanyahu, alle “eccessive richieste” israeliane, (leggi: il negoziato sul nucleare veicolate dagli Usa).

Mentre restano molto tesi i rapporti tra la Repubblica Islamica iraniana e Israele, antichissima è la convivenza degli ebrei in Iran, tremila anni di convivenza dei discendenti di quegli schiavi babilonesi salvati da Ciro il Grande, che  rappresentano la comunità più grande del Medio Oriente, dopo quella di Israele, con circa 25mila unità che vivono perlopiù  a Teheran, ad Isfahan e nella città meridionale di Shiraz. Tutelati dalla Costituzione come minoranza, Khomeini li elogiava: “Una cosa sono gli ebrei, un’altra gli israeliani…”. Khatami andava a trovarli in sinagoga. Molti parlano più il farsi che l’ebraico. Sono professionisti, orafi, vendono antiquariato e tappeti. Questa è la Repubblica islamica dell’Iran.

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