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Roma: tra speranza e illusione, in 50mila in piazza per Landini

di Salvo Ardizzone

Ieri, a piazza del Popolo a Roma, in decine di migliaia hanno partecipato alla manifestazione contro il Jobs Act indetta dalla Fiom di Landini. Ma a spingere tanta gente nel corteo non era solo la rabbia contro quel provvedimento e la politica bugiarda, fatta di slide e imbonimenti da baraccone, del premier Renzi; quella gente s’aggrappava alla speranza che, finalmente, nascesse un progetto con al centro l’attenzione per la parte più debole di questa società ingiusta.

Landini è un sindacalista, l’ultimo che si possa dire tale; a capo della Fiom s’è guadagnato il rispetto di una vasta platea, con un considerevole capitale di credibilità costruito in molte battaglie. Adesso, cosciente del deserto che c’è a sinistra, vorrebbe fra qualcosa per aggregare chi non ci sta alla deriva di questo Stato in cui tutto sembra cambiare vorticosamente, ma tutto nei fatti resta come prima, anzi, peggio, stretto com’è nelle spire del nuovo fronte d’interessi che si sta saldando rapidamente attorno a Renzi.

Motivi per protestare, per indignarsi, per essere radicalmente alternativi ce ne sono un’infinità; inutile elencarli, sono troppi, è tutto un sistema che sembra andare nel verso degli interessi di pochi a spese di tutti, con l’aggravante della presa in giro.

Il fatto è che se abbondano i motivi, quello che latita è il progetto attorno a cui costruire qualcosa che non sia un castello di sabbia che duri lo spazio d’un mattino, com’è avvenuto per le troppe iniziative sorte basando tutto sulla contrapposizione e non sui contenuti, insomma sulla “pancia”.

Quella di Landini è una scommessa, ed è anche corretto dire, come disse Gramsci, che non si può restare indifferenti, che non è legittimo protestare senza impegnarsi, ma ciò che ci rende perplessi sono i troppi vecchi arnesi visti al corteo. Gente reduce da infiniti fallimenti in cerca di un’occasione per riproporsi; professionisti del mugugno e del disastro senza il benché minimo contenuto, che galleggiano eternamente su quella che chiamano politica.

Landini ha un credito suo (per inteso, secondo diversi sondaggi ha un gradimento personale superiore a quello del “fenomeno” Salvini), meriterebbe altri compagni nella sua avventura; meriterebbe altre capacità progettuali, senza le quali il suo capitale finirebbe dissipato a beneficio d’un momento di nuova visibilità per troppi vecchi tromboni. Lo meriterebbero anche i tantissimi che vorrebbero uno Stato più equo, più attento ai deboli, alla parte più fragile della Società, che provi finalmente a distribuire con giustizia le sue risorse.

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