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Italia. Contratti derivati: 17 miliardi persi in tre anni

di Salvo Ardizzone

17 miliardi: è quanto in Tesoro ha perso nel periodo 2011–2014 fra perdite nette e costi di ristrutturazione di contratti derivati sottoscritti proprio per mettere al sicuro il costo del debito pubblico italiano. È quanto è stato certificato dall’Agenzia Bloomberg, che ha riclassificato i dati Eurostat dei bilanci europei. E non è finita, perché sui 160 Mld complessivi di contratti sottoscritti al 31 dicembre scorso, si calcolano 42 Mld (!) di perdite complessive alla loro scadenza.

Contratti swap sono stati stipulati da tutti i Paesi europei, un’assicurazione nel caso gli interessi esplodessero travolgendo i bilanci, peccato che le previsioni del Ministero del Tesoro siano state sistematicamente sbagliate e, a guadagnarci quella montagna di denaro sfilate dalle tasche dei contribuenti, siano state 17 banche internazionali e due italiane.

Si tratta di contratti complicati e rischiosi, certo, ma l’Italia è stato il Paese europeo che ha fatto di gran lunga peggio: per intenderci facendo qualche esempio, nello stesso periodo (2011–2014) la Francia ha guadagnato 2,7 Mld, Belgio e addirittura la Grecia 1 Mld e la Germania, che in dimensioni assolute ha il debito complessivo più grande, ha perso 950 ml a fronte dei 17 Mld persi dall’Italia.

La storia ha radici lontane, comincia negli anni ’90, coinvolgendo ministri, sottosegretari e capi di gabinetto del Tesoro come Siniscalco, Grilli, Lanzillotta, Amato, Monorchio, Letta, che dopo sarebbero divenuti (vedi caso) collaboratori delle banche che avevano venduto quei contratti (Morgan Stanley, Jp Morgan, Deutsche Bank, Goldman Sachs e così via).

Nel 2004, poi, il Governo Berlusconi, con il “creativo” Giulio Tremonti al Ministero del Tesoro, incentivò a tutto spiano l’uso dei derivati negli enti locali, che così si potevano indebitare senza doverlo iscrivere a bilancio. Da allora sono stati 798 fra Comuni e Regioni a sottoscriverli, di fatto scaricando i debiti sulle giunte successive e aprendo voragini nei conti.

Due mesi fa, Maria Cannata, che dal 2000 gestisce la montagna del nostro debito pubblico, per la prima volta, dopo anni e anni di silenzio, nel corso di un’audizione in Parlamento, ha spiegato a Deputati e Senatori il meccanismo. O meglio, di spiegare non ha spiegato granché, dichiarando in sostanza che quei contratti volevano essere un’assicurazione contro un eventuale rialzo dei tassi che sono invece scesi a precipizio, e concludendo ha ammesso con candore che se l’avessero saputo prima (del calo tendenziale dei tassi) avrebbero evitato di sottoscrivere quei contratti.

Peccato che di quei contratti, così onerosi per le casse pubbliche e per i cittadini, non si sappia nulla: condizioni, penali, codicilli, sono tutti avvolti nel massimo segreto; “divulgarli metterebbe a rischio la competitività dei nostri titoli”, ha detto la Cannata. Così ai contribuenti non resta che accettare perdite enormi a scatola chiusa, senza che nessuno sia chiamato a risponderne.

In questo disgraziato Paese, massacrato da politiche economiche e fiscali dissennate, con masse enormi di disoccupati e fasce sempre più ampie di popolazione spinte nella povertà e nel disagio, si buttano decine e decine di miliardi senza che nessuno paghi e scoppi il finimondo. Si, l’Italia è proprio un Paese irredimibile.

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