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Il Venezuela alla vigilia delle elezioni tra matrici di opinione screditanti e diffamanti

di Cristina Amoroso

Si terranno il prossimo 6 dicembre in Venezuela le elezioni legislative, data carica di simbolismo in quanto il 6 dicembre del 1998 Hugo Chávez fu eletto presidente con il 56 per cento dei consensi.

Ma per Nicolás Maduro, l’erede politico del Comandante delle missioni bolivariane, la situazione attuale si presenta molto meno propizia, stando ad alcuni sondaggi che danno gli antichavisti in vantaggio.

Dalle elezioni presidenziali del 2013, quando la vittoria elettorale andò a Maduro (con il 50,66% dei voti contro il 49,07% di Capriles Radonski), non poche difficoltà ha dovuto affrontare il nuovo governo chavista, a iniziare dalle contestazioni dei risultati e dai forti scontri con morti, feriti e arresti.

Non è bastato l’attacco all’economia del Venezuela, dipendente dalla vendita del petrolio, che rappresenta più dell’80 per cento delle sue entrate: una caduta del prezzo del greggio senza rete, su cui l’Arabia Saudita e gli Usa non hanno l’ultima parola.

E’ di lunedì scorso la notizia che l’eccesso di offerta nel mercato sta affossando i prezzi e nel 2016 la situazione rischia di degenerare. Se l’Opec non interviene con misure volte a stabilizzare il mercato, il prezzo del petrolio finirà per scendere a 20 dollari al barile, è questo il parere del ministro del Petrolio venezuelano Eulogio del Pino, il quale ha fatto notare come non tutti i Paesi della stessa organizzazione potranno permettersi di reggere i costi di produzione, diversi da nazione a nazione.

Non è una novità che gli Stati Uniti siano interessati alle grandi riserve petrolifere del Venezuela, come – tra gli altri – ha affermato il giornalista e costituzionalista Glenn Greenwald: lo spionaggio National Security Agency (Nsa) contro Stato Petroleos de Venezuela (Pdvsa), è dovuto all’interesse statunitense per le grandi riserve di petrolio venezuelano e costituisce una violazione della sovranità di quel Paese Sudamericano. Il giornalista ha anche dichiarato che la storia di spionaggio degli Stati Uniti al Governo del Pdvsa, in collaborazione con Telesur, è stata resa possibile grazie al coraggio di Edward Snowden, che ha avuto accesso a Telesur ed ha fornito le informazioni.

Ne è ben a conoscenza il presidente Maduro, che il 19 novembre ha annunciato che presenterà una protesta formale e avvierà una revisione delle relazioni con gli Usa in seguito a notizie di stampa relative a presunte attività di spionaggio da parte di Washington nel Paese. Maduro ha citato una notizia pubblicata dal magazine online The Intercept, secondo cui gli Usa avrebbero spiato la compagnia petrolifera statale venezuelana ed intercettato le telefonate e l’email dell’ex ministro del Petrolio Rafael Ramirez.

Ora, alla vigilia delle nuove elezioni, l’opposizione interna non dà tregua. Il leader dell’opposizione Leopoldo López, in carcere da più di un anno, dopo lo sciopero della fame per chiedere che fosse fissato il giorno delle elezioni, continua a chiedere anche che il voto sia sorvegliato da osservatori internazionali.

Per ora, il comitato elettorale ha invitato l’Unione delle nazioni sudamericane, l’unico organismo internazionale che il governo di Caracas ha autorizzato a controllare le urne anche nel 2011, quando le opposizioni hanno sollevato molti dubbi sulla regolarità degli scrutini. López e altri politici della minoranza chiedono invece l’intervento dell’Organizzazione degli stati americani e dell’Unione europea. Ma si muove anche la grande opposizione esterna contro Maduro.

Lunedì scorso, nella sua  prima conferenza stampa quale presidente appena eletto dell’Argentina, Mauricio Macri, ha denunciato gli “abusi” in corso in Venezuela, delineandosi subito come lacché dell’imperialismo, manifestando l’intenzione di invocare la “clausola democratica” del Mercosur nei confronti del Venezuela. “Abbiamo intenzione di invocare la ‘clausola democratica’ del Mercosur” nei confronti del Venezuela, ha precisato Macri, nel ricordare “gli abusi” che sta perpetrando il “chavismo” al potere nel Paese guidato dal presidente Nicolas Maduro.

Anche la casta dominante cilena ha svolto un ruolo particolare per diffamare, destabilizzare e logorare la rivoluzione bolivariana caratterizzando il Venezuela come un “narco-stato” e come violatore dei diritti umani, arrivando a chiedere la sentenza della Corte di Cassazione a favore di Leopoldo Lopez e Daniel Ceballos, condannati dalle autorità venezuelane per incitamento alla violenza.

Evidentemente il Cile è uno Stato che porta ancora nelle vene Pinochet. Basterebbe ricordare che tutte le istituzioni cilene sorgono sulla fraudolente Costituzione Pinochet del 1980, scritta in un cimitero di morti, dispersi e torturati, per togliere ogni legittimità alle sentenze della Corte di Cassazione. Alla sentenza ha risposto il Partito Comunista Cileno che ha dichiarato: “Il governo dovrebbe chiarire la sentenza della Corte Suprema non richiedere di intervenire negli affari interni del Venezuela”.

Nel corso di questi 16 anni di rivoluzione il Venezuela ha resistito agli attacchi di vari tipi di guerra: a bassa intensità, il terrorismo politico, il terrorismo mediatico, sporco, guerre psicologiche, economiche e informatiche, perfino la guerra ambientale, spionaggio, interferenza delle Ong, longa manus di potenti Paesi occidentali, tra cui Usa e Germania.

Per chi poi cercasse prove inconfutabili di finanziamenti stranieri, tramite le Ong, destinati all’opposizione venezuelana con il solo scopo di conseguire destabilizzazione del Paese e creare una frode elettorale immaginaria cartellizzata attraverso il terrorismo mediatico rimandiamo all’articolo di Álvaro Verzi Rangel, sociologo e giornalista investigativo.

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