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Accordo fra Russia, Italia e Grecia per portare il gas russo nell’Europa meridionale

di Salvo Ardizzone

Nei giorni scorsi, la russa Gazprom, l’italiana Edison e la greca Depa hanno firmato un memorandum per portare il gas russo nell’Europa meridionale.

L’accordo, che viene dopo il tramonto del South Stream, affossato dalla Commissione europea su pressioni Usa, e del Turkish Stream, caduto insieme ai rapporti fra Mosca e Ankara per la crisi siriana, si basa sul fatto incontrovertibile che l’Europa ha bisogno di gas e, a parte forzature o fantasie, l’unico fornitore credibile è la Russia.

Piaccia o no, con il Nord Africa in fiamme (Libia) o traballante (Algeria) e la produzione del Caspio rivolta verso la Cina (Turkmenistan) o alle prese con problemi di volumi e d’estrazione (Azerbaijan), l’unico gas sicuro (e in quantità sufficienti) lo ha Mosca.

Per la Ue assicurarselo è sempre più impellente per due semplici ragioni; la prima è che la produzione interna va declinando drasticamente: l’Olanda ha dovuto bloccare i campi di Groningen (i più ampi d’Europa) per rischi sismici connessi all’estrazione e Norvegia e Scozia hanno visto contrarsi le potenzialità dei loro giacimenti ormai sfruttati. La seconda è che si è finalmente compreso che il gas naturale liquefatto (gnl) non può costituire una soluzione: a parte il fatto che lo shale gas americano s’è rivelato per quello che era, uno spot messo in giro dall’Amministrazione Usa, quello che effettivamente può essere disponibile ha un prezzo assai più alto e in ogni caso mancano i rigassificatori (che a parte i rischi ambientali costano terribilmente).

Mosca lo ha compreso bene e intende usare le risorse energetiche come business strategico per riallacciare quei legami spezzati dalle sanzioni, mettendo in crisi la contrapposizione voluta da Washington. Ma, ammaestrata dalle esperienze, invece che puntare su nuove infrastrutture che la Commissione Ue boccerebbe, intende utilizzare quelle già approvate, come l’interconnettore Italia-Grecia-Bulgaria e quello Turchia-Grecia-Italia.

In questo modo, paradossalmente, quei progetti cofinanziati dalla Ue con lo scopo di sostituire il gas russo con quello del Caspio (che nei fatti non è disponibile e comunque non in quantità sufficiente) o con ipotetici arrivi di gas liquefatto nei terminali marittimi in Grecia, potrebbero servire a nuovi flussi di forniture di Gazprom a un’area dell’Europa per il momento tagliata fuori dall’accordo che si apparecchia con il raddoppio del North Stream, a beneficio di Germania e Paesi del Nord.

Ovviamente, sul progetto gravano ancora molte incognite, prima fra tutte la reale quantità di gas che potrebbe essere fatta passare in questo modo. Ma, con tutta probabilità, il primo scopo di Mosca nel progetto è mettere a nudo le ingerenze squisitamente politiche della Commissione Ue nelle scelte strategiche (prima che economiche) di approvvigionamento energetico dei vari Stati; un’ingerenza smaccatamente mostratasi nel pacchetto sicurezza energetica del 16 febbraio scorso, totalmente ispirato da Washington.

Fa specie vedere un intero Continente ciecamente prono agli interessi d’oltre Atlantico anche a costo di strozzare le proprie economie, ma la forza della necessità e del naturale corso delle cose, che rende Europa e Russia due sistemi sinergici, potrebbe incrinare lo stolto unanimismo di una sudditanza autolesionistica. E l’accordo fra Russia, Italia e Grecia è un segnale.

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